Il tuo sorriso – Pablo Neruda – Come poter leggere le poesie

Il tuo sorriso – Pablo Neruda – Come poter leggere le poesie

TI è mai capitato di scrivere poesie? Raccontare storie non è solo ipnotico ma è terapeutico. Pablo Neruda con questa famosa poesia arriva oltre con la sua capacità di lavorare per immagini e di usare e osare con il “NON”. il “ma” e il “perché”. Vuoi divertiti? Vai in fondo e dai spazio alla tua creatività; con questa o con un’altra poesia.

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.

Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

perché io ne morrei.
ma il tuo sorriso mai,
la luce, la primavera,
negami il pane, l’aria,
quando tornano i miei passi,
quando i miei passi vanno,
e quando li richiudo,
ma quando apro gli occhi
ragazzo che ti ama,
riditela di questo rozzo
contorte dell’isola,
riditela delle strade
del giorno, della luna,
Riditela della notte,

della mia patria sonora.
il fiore azzurro, la rosa
il fiore che attendevo,
voglio il tuo riso come
e in primavera, amore,
la sua cascata di spuma,
il tuo riso deve innalzare
Vicino al mare, d’autunno,

come una spada fresca.
sarà per le mie mani
ridi, perché il tuo riso
le pietre della strada,
vedi che il mio sangue macchia
il tuo sorriso, e se d’improvviso
più oscura sgrana
Amor mio, nell’ora

le porte della vita.
ed apre per me tutte
sale al cielo cercandomi
ma entrando il tuo sorriso
la terra che non cambia,
a volte, d’aver visto
con gli occhi stanchi,
Dura è la mia lotta e torno

d’argento che ti nasce.
la repentina onda
scoppia nella tua gioia,
l’acqua che d’improvviso
la lancia che sgrani,
Non togliermi la rosa,

non togliermi il tuo sorriso.
toglimi l’aria, ma
Toglimi il pane, se vuoi,

Adesso ti prego di leggere le righe di questa poesia al contrario e di lasciare che il tuo inconscio lavori per te. Buona lettura.

 

Capitolo LXXIII – La modesta portata di questa regola – 1, 9 Fine della Regola

Capitolo LXXIII – La modesta portata di questa regola – 1, 9 Fine della Regola

1. Abbiamo abbozzato questa Regola con l’intenzione che, mediante la sua osservanza nei nostri monasteri, riusciamo almeno a dar prova di possedere una certa rettitudine di costumi e di essere ai primordi della vita monastica.
2. Del resto, chi aspira alla pienezza di quella vita dispone degli insegnamenti dei santi Padri, il cui adempimento conduce all’apice della perfezione.
3. C’è infatti una pagina, anzi una parola, dell’antico o del nuovo Testamento, che non costituisca una norma esattissima per la vita umana?.
4. O esiste un’opera dei padri della Chiesa che non mostri chiaramente la via più rapida e diretta per raggiungere l’unione con il nostro Creatore?
5. E le Conferenze, le Istituzioni e le Vite dei Padri, come anche la Regola del nostro santo padre Basilio,
6. che altro sono per i monaci fervorosi e obbedienti se non mezzi per praticare la virtù?
7. Ma per noi, svogliati, inosservanti e negligenti, ciò è motivo di vergogna e di confusione.
8. Chiunque tu sia, dunque, che con sollecitudine e ardore ti dirigi verso la patria celeste, metti in pratica con l’aiuto di Cristo questa modestissima Regola, abbozzata come una semplice introduzione,
9. e con la grazia di Dio giungerai finalmente a quelle più alte cime di scienza e di virtù, di cui abbiamo parlato sopra. Amen.

Fine della Regola

Questa parte della Regola viene letta dai monaci in queste date:

1 maggio

31 agosto

31   dicembre

Capitolo LXXII – Il buon zelo dei monaci – 1, 12

Capitolo LXXII – Il buon zelo dei monaci – 1, 12

1. Come c’è un cattivo zelo, pieno di amarezza, che separa da Dio e porta all’inferno,
2. così ce n’è uno buono, che allontana dal peccato e conduce a Dio e alla vita eterna.
3. Ed è proprio in quest’ultimo che i monaci devono esercitarsi con la più ardente carità
4. e cioè: si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore;
5. sopportino con grandissima pazienza le rispettive miserie fisiche e morali;
6. gareggino nell’obbedirsi scambievolmente;
7. nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma piuttosto ciò che giudica utile per gli altri;
8. si portino a vicenda un amore fraterno e scevro da ogni egoismo;
9. temano filialmente Dio;
10. amino il loro abate con sincera e umile carità;
11. non antepongano assolutamente nulla a Cristo,
12. che ci conduca tutti insieme alla vita eterna.

Questa parte della Regola viene letta dai monaci in queste date:

30 aprile

30 agosto

30   dicembre

Capitolo LXXI – L’obbedienza fraterna – 1, 9

Capitolo LXXI – L’obbedienza fraterna – 1, 9

1. La virtù dell’obbedienza non dev’essere solo esercitata da tutti nei confronti dell’abate, ma bisogna anche che i fratelli si obbediscano tra loro,
2. nella piena consapevolezza che è proprio per questa via dell’obbedienza che andranno a Dio.
3. Dunque, dopo aver dato l’assoluta precedenza al comando dell’abate o dei superiori da lui designati, a cui non permettiamo che si preferiscano ordini privati,
4. per il resto i più giovani obbediscano ai confratelli più anziani con la massima carità e premura.
5. Se qualcuno dà prova di un carattere litigioso sia debitamente corretto.
6. Se poi un monaco viene comunque rimproverato dall’abate o da qualsiasi anziano per un qualunque motivo
7. si accorge semplicemente che un anziano è sdegnato o anche leggermente alterato nei suoi riguardi,
8. si inginocchi subito dinanzi a lui, senza la minima esitazione, e rimanga così per riparare, finché la benedizione dell’altro non sani quel lieve dissenso.
9. Se qualcuno si rifiutasse altezzosamente di farlo, sia sottoposto a un castigo corporale e, se si ostina in questo atteggiamento di ribellione, sia scacciato dal monastero.

Questa parte della Regola viene letta dai monaci in queste date:

29 aprile

29 agosto

30   dicembre

Capitolo LXX – Divieto di arrogarsi la riprensione dei confratelli – 1, 7

Capitolo LXX – Divieto di arrogarsi la riprensione dei confratelli – 1, 7

1. Nel monastero si deve sopprimere decisamente ogni occasione di arbitri e di soprusi;
2. perciò dichiariamo che non è permesso ad alcuno di infliggere la scomunica o un castigo corporale a un confratello, senza l’autorizzazione dell’abate.
3. I colpevoli di tale trasgressione siano rimproverati alla presenza dell’intera comunità, affinché anche gli altri ne abbiano timore.
4. I ragazzi, però, rimangano fino a quindici anni sotto la disciplina e l’oculata vigilanza di tutti,
5. ma sempre con grande moderazione e buon senso.
6. Chi poi si arrogasse una qualsiasi autorità sugli adulti, senza il comando dell’abate, o si inquietasse irragionevolmente con i ragazzi, sia sottoposto alla punizione prevista dalla Regola,
7. perché sta scritto: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”.

Questa parte della Regola viene letta dai monaci in queste date:

28 aprile

28 agosto

28 dicembre