Il vento e il sole – Esopo

Il vento e il sole – Esopo

Un giorno il vento e il sole cominciarono a litigare.
Il vento sosteneva di essere il più forte e a sua volta il sole diceva di essere la forza più grande della terra.
Alla fine decisero di fare una prova.
Videro un viandante che stava camminando lungo un sentiero e decisero che il più forte di loro sarebbe stato colui che sarebbe riuscito a togliergli i vestiti .
Il vento, così, si mise all’opera : cominciò a soffiare ,e soffiare , ma il risultato fu che il viandante si avvolgeva sempre più nel mantello.
Il vento allora soffiò con più forza , e l’uomo chinando la testa si avvolse un sciarpa intorno al collo.
Fu quindi la volta del sole, che cacciando via le nubi, cominciò a splendere tiepidamente.
L’uomo che era arrivato nelle prossimità di un ponte , cominciò pian piano a togliersi il mantello.
Il sole molto soddisfatto intensificò il calore dei suoi raggi , fino a farli diventare incandescenti.
L’uomo rosso per il gran caldo, guardò le acque del fiume e senza esitare si tuffò .
Il sole alto nel cielo rideva e rideva!!
Il vento deluso e vinto si nascose in un luogo lontano.

favola Esopo

Il motivo per cui il mondo è sempre stato nel caos.

Il motivo per cui il mondo è sempre stato nel caos.

Sento la forte necessità di sperimentare con voi questo piccolo pensiero che ha raggiunto il mio cuore con immenso ardore.

Ho sempre ritenuto che la DIGNITÀ la dobbiamo e la voglio dare alle persone che incontro nella vita. Voglio mettere tutte le persone nella condizione di nobiltà.

Le persone sono state create per essere amate, mentre le cose sono state create per essere utilizzate.

Il motivo per cui il mondo è nel caos è perché le cose sono amate e le persone sono utilizzate.

2016-06-30 06.19.20

Quando vedo un progetto e uno stile di comunicazione dove le persone sorridono e provano gioia sono felice per loro e posso donarmi veramente e con trasporto; mentre quando noto immagini e condizioni dove si utilizzano le persone per far leva sul dolore, sul male e sulla paura soffro per la loro bassezza e per la loro capacità di creare vergogna.

davanti alla scelta – la storia di Andrea

davanti alla scelta – la storia di Andrea

Questa storia, la storia di Andrea, era già stata pubblicata sul sito il 7 luglio del 2013; poi qualche giorno fa, alla fiera degli sposi ho incontrato Barbara, una persona speciale, che ha perso un figlio di nove anni qualche anno fa. Non so cosa sia giusto o sbagliato. Se pensare al futuro o al passato. So che lei sta vivendo il presente e raccontando del passato quest’estate, come tutti gli anni organizzerà un evento per raccogliere fondi per la ricerca.

la storia di Andrea e il “potere” della scelta

Un giorno, di non molto tempo fa, in un cortile di un oratorio, un gruppo di bambini stava giocando con il pallone e tutti si stavano divertendo “un mondo”, quando all’improvviso dal cielo si sentì un suono profondo e le nuvole si aprirono. Subito dopo scese dal cielo prima un piccolo raggio e poi un grande fascio di luce e fu allora che si presentò un magnifico Angelo con due ali luminosissime e una voce celestiale.

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Il mito della caverna di Platone

Il mito della caverna di Platone

– In séguito, continuai, paragona la nostra natura, per ciò che riguarda educazione e mancanza di educazione, a un’immagine come questa. Dentro una dimora sotterranea a forma di caverna, con l’entrata aperta alla luce e ampia quanto tutta la larghezza della caverna, pensa di vedere degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo, sí da dover restare fermi e da poter vedere soltanto in avanti, incapaci, a causa della catena, di volgere attorno il capo. Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa pensa di vedere costruito un muricciolo, come quegli schermi che i burattinai pongono davanti alle persone per mostrare al di sopra di essi i burattini. – Vedo, rispose. – Immagina di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti di ogni sorta sporgenti dal margine, e statue e altre figure di pietra e di legno, in qualunque modo lavorate; e, come è naturale, alcuni portatori parlano, altri tacciono. – Strana immagine è la tua, disse, e strani sono quei prigionieri. – Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? – E come possono, replicò, se sono costretti a tenere immobile il capo per tutta la vita? – E per gli oggetti trasportati non è lo stesso? – Sicuramente. – Se quei prigionieri potessero conversare tra loro, non credi che penserebbero di chiamare oggetti reali le loro visioni? – Per forza. – E se la prigione avesse pure un’eco dalla parete di fronte? Ogni volta che uno dei passanti facesse sentire la sua voce, credi che la giudicherebbero diversa da quella dell’ombra che passa? – Io no, per Zeus!, rispose. – Per tali persone insomma, feci io, la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti artificiali. – Per forza, ammise. – Esamina ora, ripresi, come potrebbero sciogliersi dalle catene e guarire dall’incoscienza. Ammetti che capitasse loro naturalmente un caso come questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguardo alla luce; e che cosí facendo provasse dolore e il barbaglio lo rendesse incapace di scorgere quegli oggetti di cui prima vedeva le ombre. Che cosa credi che risponderebbe, se gli si dicesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora, essendo piú vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti aventi piú essere, può vedere meglio? e se, mostrandogli anche ciascuno degli oggetti che passano, gli si domandasse e lo si costringesse a rispondere che cosa è? Non credi che rimarrebbe dubbioso e giudicherebbe piú vere le cose che vedeva prima di quelle che gli fossero mostrate adesso? – Certo, rispose.

E se lo si costringesse a guardare la luce stessa, non sentirebbe male agli occhi e non fuggirebbe volgendosi verso gli oggetti di cui può sostenere la vista? e non li giudicherebbe realmente piú chiari di quelli che gli fossero mostrati? – È cosí, rispose. – Se poi, continuai, lo si trascinasse via di lí a forza, su per l’ascesa scabra ed erta, e non lo si lasciasse prima di averlo tratto alla luce del sole, non ne soffrirebbe e non s’irriterebbe di essere trascinato? E, giunto alla luce, essendo i suoi occhi abbagliati, non potrebbe vedere nemmeno una delle cose che ora sono dette vere. – Non potrebbe, certo, rispose, almeno all’improvviso. – Dovrebbe, credo, abituarvisi, se vuole vedere il mondo superiore. E prima osserverà, molto facilmente, le ombre e poi le immagini degli esseri umani e degli altri oggetti nei loro riflessi nell’acqua, e infine gli oggetti stessi; da questi poi, volgendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, potrà contemplare di notte i corpi celesti e il cielo stesso piú facilmente che durante il giorno il sole e la luce del sole. – Come no? – Alla fine, credo, potrà osservare e contemplare quale è veramente il sole, non le sue immagini nelle acque o su altra superficie, ma il sole in se stesso, nella regione che gli è propria. – Per forza, disse. – Dopo di che, parlando del sole, potrebbe già concludere che è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile, e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e i suoi compagni vedevano. – È chiaro, rispose, che con simili esperienze concluderà cosí. – E ricordandosi della sua prima dimora e della sapienza che aveva colà e di quei suoi compagni di prigionia, non credi che si sentirebbe felice del mutamento e proverebbe pietà per loro? – Certo. – Quanto agli onori ed elogi che eventualmente si scambiavano allora, e ai primi riservati a chi fosse piú acuto nell’osservare gli oggetti che passavano e piú rammentasse quanti ne solevano sfilare prima e poi e insieme, indovinandone perciò il successivo, credi che li ambirebbe e che invidierebbe quelli che tra i prigionieri avessero onori e potenza? o che si troverebbe nella condizione detta da Omero e preferirebbe “altrui per salario servir da contadino, uomo sia pur senza sostanza”, e patire di tutto piuttosto che avere quelle opinioni e vivere in quel modo? – Cosí penso anch’io, rispose; accetterebbe di patire di tutto piuttosto che vivere in quel modo. – Rifletti ora anche su quest’altro punto, feci io. Se il nostro uomo ridiscendesse e si rimettesse a sedere sul medesimo sedile, non avrebbe gli occhi pieni di tenebra, venendo all’improvviso dal sole? – Sí, certo, rispose. – E se dovesse discernere nuovamente quelle ombre e contendere con coloro che sono rimasti sempre prigionieri, nel periodo in cui ha la vista offuscata, prima che gli occhi tornino allo stato normale? e se questo periodo in cui rifà l’abitudine fosse piuttosto lungo? Non sarebbe egli allora oggetto di riso? e non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi rovinati e che non vale neppure la pena di tentare di andar su? E chi prendesse a sciogliere e a condurre su quei prigionieri, forse che non l’ucciderebbero, se potessero averlo tra le mani e ammazzarlo? – Certamente, rispose. […]

(Platone, Opere, vol. II, Laterza, Bari, 1967, pagg. 339-342)

Repubblica, 514 a-517 a

Il mentalismo e la prestidigitazione

Il mentalismo e la prestidigitazione

Un Giovedì di Aprile assieme ad Alberto Calabria abbiamo intrattenuto i soci e gli ospiti del Rotary Dalmine Centenario, regalando momenti intensi di Magia.

La serata voleva essere l’occasione per divertire attraverso le arti classiche della magia, la magia generale, la manipolazione, la cartomagia e micromagia, la magia mentale conosciuta come “Mentalismo”.

Ci siamo stupiti e abbiamo stupito regalando, ad ogni presente, diversi momenti magici con oggetti che si trovavano sui tavoli come carte, monete, fili, anelli e i nostri racconti e le nostre storie.

Gian Battista e Alberto, l’uno completamente vestito di Bianco affascinando con la prestidigitazione e l’altro completamente di Nero meravigliando con il mentalismo abbiamo raccontato le nostre storie spiegando che non esistono trucchi di magia e che il successo è il participio passato del verbo SUCCEDERE.

Siamo stati ai tavoli interessando il pubblico davvero attento e permettendogli di vedere, sentire e gustare la realtà da un punto di vista diverso e coinvolgente. Il nostro obbiettivo, considerato che è la prima volta che intrattenevamo assieme, non era quello di essere al centro dell’attenzione ma di permettere a ognuno e a tutti gli spettatori il fulcro della serata. La vera missione del mago è credere fermamente che la vera magia è nello spettatore e che spesso “siamo noi i maghi della nostra vita e del nostro destino e siamo noi a poter fare ACCEDERE LE COSE quando decidiamo di essere al servizio degli altri”.

La magia incanta e ci permette di stupirci e di ritornare bambini. “Quando ci lasciamo attrarre dal ciò che accade, il mondo ci sembra diverso e permette a noi e ai nostri pensieri di ritornare a credere nei nostri sogni e alla bellezza di ciò che in ogni istante della vita ACCADE e ci MERAVIGLIA. Viviamo il momento, cogliamo l’attimo e facciamoci AFFASCINARE DALLA NOSTRA MAGIA”.